Riccardo Cotarella, il nostro primo incontro anni fa a Milano.
Al Four Season, col grande Michel Roux. Principato, il direttore dell’hotel, mi dice: “Sei al tavolo con il produttore dei vini abbinati al menù della cena e il suo enologo”. Ed ecco la scoperta… il produttore, tale Bruno Vespa, e l’enologo Riccardo Cotarella. Cosa avrei potuto chiedere di più? Emozionata, quasi spaventata vicino a due colossi, ma subito rassicurata dal sorriso proprio di Riccardo… e da allora, giorno dopo giorno, ho avuto modo di conoscere quello che oggi considero un punto di riferimento nella mia vita: penso sempre che qualcuno da lassù lo abbia avvicinato a me. Il bello del mio lavoro è proprio la possibilità di conoscere tante persone, mentre nel mio carattere sta la capacità di stupirmi ogni giorno andando a fondo nella ricerca di emozioni, di storie vere che a volte possono sfuggire ai meno attenti. Un confronto generazionale, quello tra me e Riccardo, fatto di dialoghi, insegnamenti, rimproveri, contraddizioni. Un uomo forte che sa emozionarsi come un bambino, un Presidente che lascia trasparire la preoccupazione, di questi tempi, per tutti i suoi enologi, ma che lancia ogni giorno messaggi di presenza e positività. Un uomo figlio dei tempi, di ogni tempo e, come dice la canzone da cui ho tratto il titolo scelto per questo articolo, un “Amico è tutto, è l’eternità”.
CHI È RICCARDO COTARELLA?
Sono una persona non più giovanissima, da 72 anni e 9 mesi nel campo del vino. La passione per il vino ha condizionato tutta la mia vita. Nel mio lavoro ho trovato entusiasmo, ricerca, il contatto umano. Il vino è catalizzatore di passioni, non dà limiti alle esperienze.
NON SOLO VINO, QUALI SONO LE TUE PASSIONI?
I miei interessi sono cambiati con l’età. Mi dedicavo allo sci, al calcio, alla pesca subacquea, sport che ora ho abbandonato. Ho una grande passione per i cavalli, ne ho sei, che tratto come dei principi, mi diverto a guardarli, a parlare con loro. Un’emozione unica, poter passeggiare con il tuo cavallo nelle tue vigne… il senso di appartenenza raddoppia. E poi ho scoperto che per l’andatura e la posizione sul cavallo puoi controllare le vigne come non potresti fare in nessun altro modo.
CHE SOGNI AVEVI DA RAGAZZO E QUALI HAI ORA?
Ne avevo tanti, meno quello di fare l’enologo. Sono nato in un paese di 300 anime, l’unico passatempo erano gli amici, con loro avevo un forte legame. Eravamo un branco e come tale avevamo un capo, un punto di riferimento energico… che aveva deciso per tutti noi di farci studiare per diventare geometri e ingegneri. Mio padre, però, si oppose a questa mia intenzione e mi spinse verso l’enologia con un metodo che mi piace definire “Montessori modificato”. Ho amato la scuola di enologia, ho scoperto un mondo libertario al di fuori del mio paese. I sogni, oggi, cominciano a diminuire, ma siccome da dieci anni insegno all’Università di Viterbo, relazionandomi con i colleghi più giovani, sono certo che, trasmettendo a loro la mia esperienza e la mia competenza, la mia storia continuerà tramite loro. Mi ricorderanno.
COSA TI PIACE DEI GIOVANI?
Il loro entusiasmo, la loro passione sanguigna, la voglia di arrivare, i loro sogni più intensi con obiettivi concreti. Mi piacciono molto i giovani, specialmente i giovani enologi.
L’UOMO CHE STIMI DI PIÙ?
Prima di tutti non posso che citare mio padre. L’ho perso a 48 anni, ma porto con me i suoi insegnamenti: l’educazione, il rispetto per gli altri… e non posso che ringraziarlo ogni giorno per avermi spinto a fare l’enologo. Altro uomo importante nel mio percorso è stato Giacomo Tachis; da lui ho imparato molto, soprattutto il fatto che quando una persona si afferma non può sottrarsi ai giudizi degli altri, sia positivi che negativi. E ancora Robert Parker, con cui ho avuto un intenso rapporto professionale durato più di dieci anni. Ho avuto l’onore di degustare con lui migliaia di etichette. Ho apprezzato di quest’uomo il grande rispetto verso tutti i vini, dietro ai quali c’ è sempre il lavoro di qualcuno. Mi ha anche insegnato ad interpretare il mercato: bisogna fare i vini che piacciono alla gente che il vino lo beve.
LA DONNA CHE AMMIRI DI PIÙ?
Mi metti in difficoltà con questa domanda, e lo sai…ma sì, è giusto che io lo dica. E’ Dominga, la mia creatura. In lei vedo il meglio di me e di mio fratello Renzo. La sua passione, il suo modo di comunicare mi rendono un padre orgoglioso. E naturalmente ammiro anche le mie nipoti Marta ed Enrica… le tre ragazze sono una squadra vincente. Grande stima anche per Donatella Cinelli Colombini, una donna di rara saggezza nel nostro settore, sempre disponibile e con un grande equilibrio.
COSA MANCA ALLE NUOVE GENERAZIONI PER CREARE ICONE COME TE?
Secondo me nulla. Bisogna dare tempo al tempo. Negli anni Ottanta io ho avuto la fortuna di trovarmi nel momento giusto, nel posto giusto e con le persone giuste. Ho colto una grande opportunità dal caso metanolo, facendo tesoro di una tragedia. Il mio invito ai giovani, oggi, è proprio questo: non abbattetevi, tutto riparte. Fate in modo di rendere un problema un nuovo punto di partenza.
LA TUA CANZONE PREFERITA?
Amo la musica di tutti i generi, ma ho sempre poco tempo per ascoltarla. Oggi scelgo “L’anno che verrà” del grande maestro Lucio Dalla, un vero e proprio inno di ritorno alla vita.
LA CANZONE CHE DEDICHERESTI AD UNA DONNA?
Sicuramente ” Il Mondo” di Jimmy Fontana.
COSA TI FA SORRIDERE?
Tante cose. Quando sto bene con gli amici, con la famiglia, qualunque cosa che mi dia relax. Stare con le persone giuste nel posto giusto.
COSA TI FA ARRABBIARE?
In questo periodo la natura, perché non riesco ad immaginare il futuro. In generale il pressappochismo, la mancanza di cuore, l’ignoranza, tutto ciò che non mi fa sentire a mio agio.
COS’È PER TE L’AMICIZIA?
Il gusto della vita. Se non hai amici con cui condividere è triste, sei solo. Ho amici dai tempi della scuola con cui ancor oggi condivido tutto. E’ una sorta di simbiosi mutualistica.