Lo Chef n.1 al mondo, ad un mese esatto dalla Laurea ad Honorem in Economia Aziendale, ha incantato anche la platea del Congresso culinario internazionale di ‘Identità Golose’
Massimo Bottura, il miglior Chef del mondo a giudizio de ‘The World’s 50 Best Restaurants’ e non solo, continua ad erudire un pubblico sempre più vasto, più interessato e appassionato a quel concetto di ‘Nuova Cucina Italiana’ di cui lo Chef modenese, grazie anche alla maestria professionale del suo super Staff in Osteria Francescana (Beppe Palmieri, Denis Bretta, Andrea e Luca Garelli in sala, Davide Di Fabio, Takahiko Kondo, Laura Cattani, Jessica Rosval, Riccardo Forapani, Francesco Vincenzi in cucina, Enrico Vignoli e Alessandro Laganà rispettivamente agenda e segreteria viventi dello Chef, solo per citare alcuni protagonisti di lunga permanenza, senza nulla togliere a tutti gli altri) è il testimone più rappresentativo nell’intero panorama della Cucina d’Autore.
Il 6 marzo scorso, ad un mese esatto dallo storico conferimento della Laurea ad Honorem in Economia Aziendale da parte dell’Università di Bologna, Bottura è intervenuto sul palco della Sala Auditorium del MiCo di Milano per esprimere la sua personalissima interpretazione del tema del Congresso, ‘La forza della libertà: il viaggio’. Per il Patron dell’Osteria Francescana esso è un percorso caratterizzato da tre pilastri irrinunciabili e tra loro connessi, quali l’Arte, la Storia e la Cucina italiana che oggi più che mai deve essere equiparata all’estro, al genio e alla saggezza di quei Maestri che nelle loro botteghe rinascimentali, giorno dopo giorno, insegnavano i mestieri ai discepoli che le frequentavano per apprendere e formarsi sia nella tecnica che nello spirito.
Ebbene, ‘le cucine degli Chef di oggi’ – sostiene Bottura – ‘devono diventare dei veri e propri laboratori di idee, dove gli allievi e gli stagisti si possano formare partendo dalla conoscenza approfondita della materia prima, vale a dire di quella meravigliosa biodiversità agroalimentare del Made in Italy che costituisce un vero patrimonio culinario di cui bisogna essere veri ambasciatori in patria e nel mondo, promovendo e sviluppando il settore turistico ed incarnando un senso di coscienza e di responsabilità che portino ad avere una funzione sociale’.
Bottura ha parlato di ‘Condivisione’ come ‘nuovo e decisivo elemento che, insieme ad una biodiversità alimentare che non ha uguali al mondo, ha amplificato la nostra storia passata, filtrata prima dal pensiero contemporaneo, un passato di cui tutti noi abbiamo preso coscienza assistendo alla nascita di una cucina italiana mai concepita fino ad oggi’. Consapevoli di questo, i moderni Chef italiani si confrontano con una realtà sociale preparata e che è all’altezza della loro cultura, secondo Bottura l’ingrediente più importante del cuoco del futuro.
Grandissimo appassionato e conoscitore dell’arte Contemporanea (entrando in Francescana, previa prenotazione tre mesi prima di quella che è un’esperienza artistico-sensoriale di vita, ci si rende conto di accomodarsi in una galleria d’arte unica, un piccolo museo contemporaneo, all’interno del quale sono gli occhi, prima ancora che il palato, a godere di cotanta bellezza trasmessa da opere di artisti del calibro di Mario Schifano, Maurizio Cattelan, Carlo Benvenuto, Francesco Vezzoli, per citare gli italiani), ha deliziato la platea conducendo i presenti (Paolo Marchi in primis, padrone di casa, ma anche Enzo Vizzari e Andrea Grignaffini seduti in prima fila) attraverso la storia dell’arte per spiegare e far comprendere il percorso, seguito insieme ai suoi discepoli-artigiani dell’Osteria Francescana, che li conduce al segno identificativo della loro cucina.
‘L’arte è evoluzione e creazione allo stesso tempo; si trasforma ma rimane la stessa, è veloce ma egualmente immobile’, afferma Bottura. Poi, facendo scorrere delle slide, ha estrapolato il messaggio da alcune opere d’arte, iniziando dalla pittura iconica delle pale d’altare della metà del Quattrocento e, nello specifico, da un’opera di Piero Della Francesca (‘Polittico della Misericordia’, conservato nel Museo Civico di Sansepolcro) i cui ‘personaggi guardano gli spettatori da uno spazio senza confini, fatti di sola luce irreale’.
Poi, facendo un salto negli anni Sessanta, si osservano i ‘Quadri Specchianti’ di Michelangelo Pistoletto, il cui fondo veniva realizzato dall’artista con una lastra d’acciaio lucidata a specchio per renderlo riflettente al massimo e sulla quale egli dipingeva personaggi o oggetti che, come nel caso del ‘Polittico della Misericordia’, sono rappresentati su un fondo astratto: ‘lo specchio diventa il moderno ‘fondo oro’. Il riflesso dell’acciaio è uno spazio contemporaneamente anti e iper descrittivo e lo spettatore si trova specchiato nell’opera d’arte, diventandone parte’.
Si arriva ai giorni nostri con un’opera di Carlo Benvenuto che ‘fotografa uno specchio incorniciato d’oro che non può riflettere lo spettatore, rimanendo così vuoto, puro bianco, pura luce; anch’esso è astrazione: non è più lo sfondo ad astrarsi ma addirittura il soggetto’.
Quindi ‘Piero Della Francesca che diventa Michelangelo Pistoletto che, a sua volta, evolve in Carlo Benvenuto’.
‘Vedete’ – continua Bottura – ‘l’arte è la stessa, l’ultima non può esistere senza la prima, poiché, pur essendo opere d’arte molto distanti tra loro, in esse sono presenti istanti simili. Tutte si interrogano sulla possibilità di far convivere la massima figurazione e la massima astrazione nello stesso tempo e nessuna è più avanti dell’altra, nessuna propone allo spettatore una soluzione definitiva, nessuna cancella l’altra, anzi, è anche nella contemporanea convivenza che traggono la loro forza’.
La Nuova Cucina Italiana deve essere improntata ad un metodo secondo il quale ‘passato, presente e futuro devono convivere in un continuo e necessario rapporto di sviluppo e sintesi. L’ultimo non può esistere senza il primo, il figurativo e l’astratto non sono opposti ma complementari, ciascuno non cancella l’altro ma anzi acquisiscono forza a vicenda’.
Gli esempi di evoluzione culinaria riportati da Bottura hanno riguardato alcuni dei suoi piatti più celebri, come la ‘Caesar Salad in Bloom’, il ‘Riso camouflage’, il ‘Riso cacio e pepe’, la ‘Lepre nel bosco’, il ‘Piccione camouflage’, il ‘Croccantino al foie gras’.
Era il 2004/2005 e Bottura fu invitato dal suocero a mangiare al ‘Four Season’ dove ordinò una ‘Caesar Salad’ interessante ma, a suo parere, fatta solo di salsa e priva della clorofilla che era praticamente scomparsa. Così, ritornato a Modena con dei dubbi circa quel piatto, recuperò i 4 elementi della ‘Caesar Salad’ e la ricostruì, facendo una ricerca di svariate tipologie di foglie di erba senape a cui aggiunse del croccante di Parmigiano, della mostarda, un tocco di aceto balsamico tradizionale di Modena e un po’ di pancetta, essendo in una terra famosa anche per l’ottima produzione di carne di maiale. Nacque così la ‘Caesar salad in Emilia’, per poi passare ad una realizzazione più astratta, ad un lavoro attraverso il quale tutto veniva nascosto all’interno dell’insalata, molto meno descrittivo ma in astratto come la ‘Caesar salad in Bloom’, di cui rimane il nome ‘Caesar salad’ ma in realtà ottenuta dall’accostamento di ben 26 elementi costruiti dal palato mentale dello Chef e dei suoi fidati Sous Chef Di Fabio e Kondo, portandola a diventare un pre-dessert. Un concentrato, tra gli altri ingredienti, di fiori di camomilla, aceto di sambuco, yogurt di latte di mandorla che rompono il confine tra il dolce e il salato.
Durante il cooking show di Di Fabio e Kondo, sul palco della Sala Auditorium, la ‘Caesar salad’ è stata privata di tale nome per essere riportata in Italia e, richiamando il concetto di evoluzione dell’arte, diventare ‘Insalata di mare’ preparata con tantissimi elementi marini, spruzzata con dell’acqua di nero di seppia, un fondo di teste di gamberi e scampi e acqua filtrata di ostriche.
‘Camouflage’ e ‘Riso’
Bottura ha parlato di ‘segno formativo’ e ha citato Lucio Fontana e i suoi celebri ‘Tagli’ (pittore, ceramista e scultore fondatore del Movimento Spazialista che si proponeva di andare oltre i confini della pittura, trapassando la materia e offrendo delle possibili aperture verso una dimensione che potesse permettere di andare oltre il limite rappresentato dal quadro piatto) attraverso i quali, nel preciso momento del taglia della tela, l’artista era alla ricerca del segno e venne così riconosciuto dal mondo dell’arte per tutta la vita. Ha citato anche Luigi Cremona che 12 anni fa lo stimolò circa la focalizzazione del suo pensiero sul chicco di riso e non più sui soliti risotti; così lo Chef e il suo staff hanno cominciato a fare dei risotti diversi, con acqua, con i fondi, con le estrazioni, utilizzando del riso al nero di seppia a cui hanno aggiunto del riso alla clorofilla e del riso cotto in dell’acqua di polvere di porcini insieme a scorze di tartufo. Ne è venuto fuori un finto ‘Mare e monti’: il ‘Riso camouflage’.
Senonchè, di ritorno da un suo viaggio a Parigi, Enzo Vizzari (Direttore de ‘Le Guide’ de ‘L’Espresso’ e storico seguace di Bottura) gli ha parlato con grande entusiasmo di alcuni piatti meravigliosi degustati qua e là oltralpe, tra i quali la ‘Royale’ e il ‘Civet’; e allora Bottura, recependo la frecciatina culinaria e pensando alla salsa come la parte più interessante di una ‘Royale’, ha deciso di creare un ‘Civet’ che fosse la più interessante mai mangiata dallo stesso Vizzari, recuperandola e contaminandola, affidandosi al suo palato mentale che lo ha portato a pensare a un dessert. Il ‘Civet’ è allora diventato prima una ‘Royale’, poi è stato contaminato con il cioccolato di puro cacao peruviano Criollo e caffè, zucchero, sale alla vaniglia, sedano rapa, topinambour e tartufo disidratato, diventando una crema sopra la quale è stato inserito il bosco, creando così ‘La Lepre nel bosco’. Un piatto che nasce da una lettura di Gertrude Stein riguardante un episodio in cui fu protagonista Picasso il quale, assistendo a Parigi ad una parata di camion militari dalla tipica livrea mimetica, iniziò ad urlare sostenendo che quello non fosse un camouflage ma Cubismo di cui lui era stato l’inventore. Per cui, se Picasso può aver immaginato del Cubismo in un mezzo militare, Bottura ha affermato di poter vedere il ‘Civet’ in quel determinato modo, ricostruendo il bosco attraverso i tanti ingredienti pensati dal suo palato mentale ed accostati in modo da creare uno dei suoi piatti più riusciti di sempre.
La sua lezione è continuata parlando dell’evoluzione applicata ad altri suoi piatti, come il ‘Riso cacio e pepe’ con un sovrapporsi di bianco su bianco che rimanda ad un quadro di Pietro Manzoni e che era stato concepito come gesto sociale per sensibilizzare il più possibile l’acquisto di Parmigiano Reggiano, in seguito ai danni provocati dal terremoto in Emilia (maggio 2012) ai capannoni in cui erano custodite migliaia di forme;
la ‘Triglia alla livornese’ con l’essenza della salsa della triglia che viene filtrata, servita alla base del piatto e la triglia, cotta al punto giusto e leggermente scottata e riempita con lo scampo mantecato con la sua testa; sopra viene poi creata la mediterraneità, per cui il camouflage diventa mediterraneo, scendendo verso sud.
Allo stesso modo di ‘Polenta e riso come una pizza’, un piatto creato immaginando un risotto e una polenta diventare una pizza, ossia il Nord che vuole diventare Sud e viceversa, una trasformazione possibile grazie a quell’urgenza dell’opera che arriva sempre in aiuto dello Chef di oggi, nel momento in cui deve creare qualcosa e va perciò a pescare nella sua memoria e nella sua conoscenza. Ecco perchè Bottura ha sentenziato che ‘l’ingrediente più importante per i cuochi del futuro è la cultura’ che li porta ad ‘immaginare, attraverso la loro visione e la loro ricerca del segno, dei piatti che raccontano l’Italia intera, catturando una particolare emozione’.
Il viaggio di Bottura è continuato con altri suoi piatti quali ‘Omaggio a Vignola’, dove il camouflage è ritornato ad essere un dessert con le varie tonalità del rosso delle ciliegie, dei duroni e delle amarene vanno a ricoprire una base al cioccolato, omaggio alla torta Barozzi;
il ‘Riso Levante’, definito da Bottura ‘paesaggio masticabile’: un riso cotto solo con le estrazioni di tutti gli elementi che fanno parte del Lago di Garda, elementi che sono diventati un succo di olive verdi, pomodori, bergamotto, arancio e mandarini, il tutto mantecato con dell’olio extravergine d’oliva;
il ‘Piccione camouflage’, un piatto caratterizzato dalle verdure acide, dalla coscia ripiena prima da tutte le interiora e poi fritta, dalle salse che raccontano il pensiero dello Chef, cioè ‘il modo in cui si va in giro per il mondo, con gli occhi e le orecchie aperte per poter accettare le altre culture e diventare così una persona migliore, attraverso una contaminazione saggia, non selvaggia’;
il ‘Croccantino al foie gras’, pensato per prendersi gioco della cucina francese, un divertente e squisito finger food che attraversa tutta la spina dorsale dell’Italia, dal Piemonte con le nocciole delle Langhe, l’Emilia Romagna con l’aceto balsamico tradizionale di Modena e la Sicilia con le mandorle di Noto. Parlando di questo piatto, Bottura ha rimarcato una certa influenza dei prodotti del Piemonte e della Sicilia sulla sua cucina;
‘La zucca tra Mantova e Ragusa’. Un omaggio alle origini mantovane del padre di Bottura che sin da piccolo ha conservato nel suo palato mentale la dolcezza della zucca nel ripieno del tortello, motivo per cui il piatto è stato inserito tra i dessert della Francescana;
un tortello di zucca che vuole diventare un cannolo siciliano che, al momento sta evolvendo in un dolce che rappresenta l’imperfezione e che sarà in carta dal mese di ottobre (il ‘Tiramizucca rotto’ con zucca concentrata, mostarda, amaretti, mele campanine e croccante), ma che un domani diventerà una Millefoglie su cui Bottura e il suo staff stanno già lavorando. Il richiamo alla celebre ‘Oops, mi è caduta la crostatina’ è inevitabile.
Gran finale con una frase del Dottor Bottura che potrebbe essere definita come il manifesto della Nuova Cucina Italiana: ‘Come il Rinascimento, dopo l’invasione dei barbari, recupera la grande classicità greca e romana con l’arma della cultura, allo stesso modo noi cuochi italiani, dopo aver subito l’invasione della Novelle Cuisine, delle tendenze Fusion, della cucina spagnola d’Avanguardia e della New Nordic Cuisine, dobbiamo riscattarci. E’ l’ora della riscossa!’