Birra, i nostri consigli per gustarla al meglio

Quante volte abbiamo scelto la birra come bevanda da gustare semplicemente in compagnia di amici o da accompagnare con una buona pizza, soprattutto quando il caldo si fa sentire ed il suo effetto dissetante ci porta magari a berne più di una. Ma siamo in grado di valutare se, seduti su di uno sgabello di fronte al bancone di un pub o ad una sedia intorno ad un tavolo in pizzeria, ci hanno servito una birra degna della nostra soddisfazione e soprattutto della nostra salute?

Vediamo di comprendere qual è il giusto atteggiamento da tenere nel momento in cui ci apprestiamo a gustare uno dei tanti tipi di birra esistenti oggi sul mercato, sia essa una birra commerciale o artigianale.

Anzitutto un buon bicchiere di birra esige la sua giusta dose di schiuma in superficie, un particolare che difficilmente sfugge in primis all’occhio ma ciò a cui la sua attenzione non deve venir meno è il volume della parte bianca schiumosa che deve corrispondere almeno ad uno spessore di due centimetri, perché altrimenti la spillatura può essere avvenuta non in tempi brevi dal servizio oppure potrebbe trattarsi della quantità di birra rimasta nel fondo del fusto spillato e quindi si presenta non solo sminuita delle sue bollicine schiumose superficiali da un punto di vista visivo ma, per di più, con un sapore approssimativo quanto al gusto gradevole che invece ci aspetteremmo. In casi del genere, certamente può trattarsi di sfortuna nel chiedere una birra in un momento sbagliato, proprio quando cioè il contenuto del fusto ha raggiunto il suo fondo, ma è indubbio che chi lavora al di là del bancone di servizio non si sia affatto curato più di tanto di dare la doverosa attenzione al cliente e questo per la semplice mancanza di volontà a sostituire il fusto ormai quasi vuoto con uno pieno.

Nello specifico, se quando ci servono la nostra birra avvertiamo un odore simile a quello di un uovo, ciò è indice del fatto che potrebbe trattarsi della prima birra spillata del giorno o, peggio, che i tubicini nei quali scorre la bevanda, partendo dal fusto sino al becco di spillatura, non sono stati puliti per molto tempo oppure dovrebbero essere puliti, con maggior cura, più di una volta. Altri odori, come per esempio quello del sidro, potrebbero poi essere indicativi della cattiva fermentazione della birra, oppure della cattiva lievitazione, come per esempio l’odore della gomma, altri ancora dovuti all’azione dei batteri, come per esempio l’odore del latte aspro.

Quindi prestiamo un minimo di attenzione già al momento del servizio, anche quando ordiniamo una birra nella classica bottiglia di vetro: in questo caso accertiamoci anzitutto che sul bordo all’inizio del suo collo non vi siano tracce di polvere e che l’etichetta non sia scolorita, il che indicherebbe che la bottiglia, e presumibilmente l’intera confezione magari non integra perché danneggiata durante il trasporto o un semplice spostamento per un breve tragitto all’interno del locale, è rimasta esposta al caldo del sole o vicino un calorifero o altra fonte di calore, per molte ore; fonte di calore che potrebbe essere anche la causa della formazione di un sottile strato di crosta lungo il bordo o sopra il tappo. L’eccessiva esposizione alla luce, inoltre, può seriamente compromettere la qualità della birra provocando delle reazioni chimiche che sono le principali cause dei cattivi sapori e odori di cui abbiamo parlato nel precedente paragrafo; è per questo che la birra deve essere preferibilmente imbottigliata utilizzando del vetro di colore scuro che impedisce il processo chimico di tali reazioni.

Per quanto riguarda la durata della birra, essa è strettamente dipendente dalla cosiddetta fase della stabilizzazione, un trattamento che viene effettuato in due step principali: quello della filtrazione e quello della pastorizzazione. La birra viene filtrata per poter eliminare i piccolissimi residui dei luppoli, mentre viene pastorizzata attraverso una fase di riscaldamento che consente di bloccare il processo di lievitazione e quindi di prevenire  la formazione di batteri.

Altra componente presente in quasi la totalità delle birre è l’anidride carbonica, necessaria a renderle gassose e che, nelle birre chiare, si trova in quantità maggiori; alcune birre invece, come per esempio la famosa “Guinness”, oltre all’anidride carbonica contengono anche una certa quantità di azoto che, miscelato all’anidride, permette di ottenere la caratteristica cremosità della schiuma.