Lo Chef del St. Hubertus del Rosa Alpina a San Cassiano in Alta Badia trionfa sul palco del Teatro Regio di Parma. Carlo Cracco e Claudio Sadler perdono la seconda stella, assegnata invece ad Andrea Aprea, Alberto Faccani e Matteo Metullio. 22 Chef premiati con la prima stella e nuovo successo per un fenomenale Enrico Bartolini con il suo Glam a Venezia. Poca attenzione degli ispettori della Rossa nei confronti di alcuni talentuosi chef e pizzaioli del Sud Italia che avrebbero meritato a pieno titolo la prima stella
Per il secondo anno consecutivo la splendida location del Teatro Regio di Parma, costruito tra il 1821 e il 1829 per volontà di Maria Luisa (Duchessa del Ducato di Parma, Piacenza e Guastalla) e grazie al progetto dell’architetto di corte Nicola Bettoli, ha ospitato la premiazione degli chef italiani da parte della Guida Michelin, la più antica e prestigiosa del mondo (nacque dall’originale idea dei fratelli Andrè e Edouard Michelin che nel 1896 fondarono la famosa azienda produttrice di pneumatici e, per puro diletto, iniziarono a dare consigli di viaggio ai loro clienti, fino a quando decisero, quattro anni più tardi, di creare una vera e propria Guida).
La scelta della città di Parma (vi nacque Giuseppe Verdi) non è stata casuale, poiché dal dicembre 2015 è ‘Città creativa per la Gastronomia’, patrimonio Unesco, nonché da anni capitale di quella ‘Food Valley’ che ha fatto dell’Emilia Romagna la regione italiana ed europea con il maggior numero di certificazioni Dop e Igp riconosciute, vantandone ben 44. Grandissima e comprensibile la soddisfazione del sindaco Pizzarotti che stamattina, da padrone di casa, ha confermato la ‘volontà di essere la capitale del cibo’.
La cerimonia ha visto protagonisti Michael Ellis (Direttore Generale Michelin nel mondo), il quale ha dichiarato che per lui ‘l’Italia e la cucina italiana sono il massimo’, e Marco Do (Direttore Comunicazione Michelin Italia) che ha ricordato il numero dei ristoranti recensiti: quasi 2600, di cui 258 segnalati con il simbolo ‘Bib Gourmand’ (18 le new entry e l’Emilia Romagna prima regione con il numero più alto, 33), riservato a quei ristoranti che offrono un ottimo rapporto qualità/prezzo e fanno un uso sapiente delle materie prime, proponendole nel piatto rispettando la tradizione ma, nel contempo, dando loro un piccolo tocco di modernità. Quelli stellati rappresentano il 10% del totale. Moderatore della cerimonia il giornalista Roberto Rasia.
A trionfare nell’edizione 2018 della Guida Michelin è stato Norbert Niederkofler del ristorante St. Hubertus presso l’Hotel Rosa Alpina di San Cassiano in Alta Badia, provincia di Bolzano, premiato con la terza stella, cosa che non succedeva dall’edizione 2013, allorchè fu premiato il grande Niko Romito (voci alla vigilia davano come papabili tristellati uno tra Mauro Uliassi, Alfonso ed Ernesto Iaccarino, Nino Di Costanzo, Gennaro Esposito, Antonino Cannavacciuolo, Stefano Baiocco, Enrico Bartolini, Anthony Genovese, Ciccio Sultano, Antonio Guida e lo stesso Norbert Niederkofler).
Questa la motivazione del prestigioso riconoscimento da parte di Michael Ellis: “I piatti rivelano la personalità dello chef. Quelli di Norbert Niederkofler, del ristorante St. Hubertus, sanno raccontare mille e una storia. I protagonisti sono la natura, la cultura e i gusti schietti e intensi delle sue montagne, la passione e la fatica quotidiana dei contadini e degli allevatori, la qualità eccelsa dei loro prodotti, le tradizioni e i metodi tramandati, il calore dei masi, il desiderio di viaggiare per imparare e di ritornare per ritrovare il proprio stile di vita, l’impegno, la cura, la costanza che si sposano con l’entusiasmo e la leggerezza. Nei piatti di Norbert Niederkofler si gustano questi sapori, si vedono le montagne, si ascoltano queste storie. L’incontro con questa cucina non è un pasto, ma un’indimenticabile esperienza umana. Per gli ispettori Michelin, tre stelle emozionanti.” I complimenti vanno rivolti anche all’intero staff del St. Hubertus, in particolar modo al Sous-Chef Michele Lazzarini (lo ricordiamo, tra l’altro, come semifinalista italiano al S.Pellegrino Young Chef 2016) e al Pastry-Chef Andrea Tortora.
Ma non è tutto. Norbert Niederkofler è conosciuto nel mondo dell’alta cucina anche per il suo progetto di Gastronomia di montagna, chiamato ‘Cook the Mountain’, pensato nel 2011 e presentato nel 2015 presso l’Hotel Rosa Alpina in occasione di Expo Milano: l’obiettivo è quello di valorizzare le materie prime di alta montagna, rispettando la loro stagionalità e proponendo in cucina ingredienti poco utilizzati come radici, erbe spontanee, tuberi, bacche e fiori eduli. ‘Cook the Mountain’ è diventato negli anni un vero movimento che ha coinvolto anche chef del calibro di Mauro Colagreco, Virgilio Martinez, Rodolfo Guzman e Ana Ros.
Inoltre, il neo tristellato merita un plauso perché è stato l’ideatore, insieme allo Chef Giancarlo Morelli e all’imprenditore Paolo Ferretti (titolare dell’agenzia di comunicazione Hmc di Bolzano), di Care’s, la kermesse di Chef internazionali, giornalisti, imprenditori ed esperti di settore voluta per sensibilizzare circa i temi del rispetto dell’ambiente e del territorio, applicando principi di sostenibilità (uso di energie alternative, mobilità sostenibile, riciclo dei rifiuti, riutilizzo degli scarti, riduzione dei consumi, soprattutto dell’acqua) anche in cucina, affinchè quest’ultima possa definirsi veramente etica. Lo scorso gennaio (dal 22 al 25) si è svolta la seconda edizione e vi hanno partecipato ben 30 Chef provenienti da 16 nazioni, mentre dal 21 al 24 maggio si è svolta la prima edizione estiva che ha avuto come location la bellissima isola di Salina. Care’s scommette poi molto sulle qualità di giovani chef, pasticceri e personale di sala (maitre, sommelier, cameriere) e, non a caso, ha istituito lo ‘Young Ethical Talent Award’, assegnato durante la kermesse da una giuria composta dagli chef partecipanti e suddiviso in tre categorie: ‘Young Ethical Chef Award’, ‘Young Ethical Patissier Award’ e ‘Young Ethical Hospitality Award’.
Con le tre stelle Michelin assegnate a Norbert Niederkofler sale a nove il numero dei tristellati italiani, avendo la Rossa confermato senza alcun dubbio Nadia e Giovanni Santini (Dal Pescatore a Canneto sull’Oglio), Annie Feolde con lo Chef Riccardo Monco (Enoteca Pinchiorri a Firenze), Heinz Beck (La Pergola a Roma), i fratelli Cerea (Da Vittorio a Brusaporto), Massimo Bottura (Osteria Francescana a Modena), Massimiliano Alajmo (Le Calandre a Rubano), Niko Romito (Reale a Castel di Sangro) ed Enrico Crippa (Piazza Duomo ad Alba).
Sono tre e anche giovani i nuovi bistellati: Alberto Faccani (Magnolia a Cesenatico), Andrea Aprea (Vun del Park Hyatt a Milano) e Matteo Metullio (La Siriola del Ciasa Salares a San Cassiano in Alta Badia). Bravi sicuramente ma lascia perplessi la mancata seconda stella a professionisti del calibro, ad esempio, di Angelo Sabatelli (omonimo ristorante a Monopoli), Davide Oldani (D’O a Cornaredo), Fabio Abbattista (Leone Felice, presso l’Albereta Resort ad Erbusco), Luciano Monosilio (Pipero a Roma), Luigi Taglienti (Lume a Milano), Matteo Baronetto (Del Cambio a Torino), Riccardo Camanini (Lido 84 a Gardone Riviera), Terry Giacomello (Inkiostro a Parma), Giuseppe Iannotti (Krèsios a Telese Terme).
Premi Speciali sono stati assegnati al ristorante Meo Modo del Borgo San Pietro (Chiusdino, Siena) per il ‘Servizio di sala’ 2018 (Direttore di sala Andrea Salvatori); al ristorante Gambero della famiglia Gavazzi (Calvisano, Brescia, stellato dal 1989) per la ‘Qualità nel tempo’ 2018 e ad Alessio Longhini (Chef del ristorante Stube Gourmet presso l’Hotel Europa di Asiago) come ‘Giovane Chef’ 2018.
Ben 22 i nuovi stellati: D.one, Davide Pezzuto (Roseto degli Abruzzi, Teramo); Glam, Enrico Bartolini (Venezia); Osteria Arborina, Andrea Ribaldone (loc. La Morra, Cuneo); Larossa, Andrea Larossa (Alba); Undicesimo Vineria, Francesco Brutto (Treviso); Stube Gourmet, Alessio Longhini (Asiago); Villa Giulia, Maurizio Bufi (Gargnano, Brescia); Culinaria im Farmerkreuz, Manfred Kofler (Tirolo); Florian Maison, Umberto Martino (San Paolo d’Argon, Bergamo); Trussardi alla Scala, Roberto Conti (Milano); Contraste, Matias Perdomo (Milano); Essenza, Eugenio Boer (Milano); Berton Al Lago, Andrea Berton e Raffaele Lenzi (Torno, Como); Tordo Matto, Adriano Baldassarre (Roma); All’Oro, Riccardo Di Giacinto (Roma); Terrazza dell’Hotel Eden, Fabio Cervo (Roma); Il Poggio Rosso, Fabrizio Borraccino (Castelnuovo Berardenga, Siena); Perillà, Marcello Corrado (Castiglione d’Orcia, Siena); Il Refettorio, Christoph Bob (Conca dei Marini, Salerno); Cum Quibus, Alberto Sparacino (San Gimignano, Salerno); La Serra, Luigi Tramontano (Positano); La Locanda del Borgo, Luciano Villani (Telese Terme, Benevento).
Osservando la distribuzione delle nuove prime stelle lungo lo stivale, sembra quasi che gli ispettori della Michelin non si siano però spinti oltre il centro d’Italia (o, se lo hanno fatto, avranno prestato poca attenzione?), il quel meraviglioso meridione ricco di materie prime agroalimentari eccellenti. Sarà un caso, ma dalla Sicilia alla Puglia, passando per la Calabria, si è assistito a delle conferme di prime stelle, meritatissime così come le (uniche) due stelle ai siciliani Ciccio Sultano (Duomo a Ragusa), Pino Cuttaia (La Madia a Licata), Massimo Mantarro (Principe di Cerami a Taormina) e Vincenzo Candiano (Locanda Don Serafino a Ragusa), ma non accompagnate da nuovi riconoscimenti che sarebbero stati altrettanto meritati da bravissimi chef quali Floriano Pellegrino (affiancato dalla talentuosa Isabella Potì nel ristorante Bros’ a Lecce), Domenico Shingaro (Due Camini presso Borgo Egnazia a Savelletri di Fasano) e Ippazio Turco (Lemì a Tricase).
Molta più attenzione dalla Rossa meriterebbero anche i pizzaioli, quelli da 10 e lode, a cominciare da Franco Pepe (Pepe in Grani a Caiazzo, Caserta), Simone Padoan (I Tigli a San Bonifacio, Verona), Renato Bosco (Saporè a San Martino Buon Albergo, Verona), Francesco e Salvatore Salvo (Salvo Pizzaioli a San Giorgio a Cremano, Napoli), Matteo e Salvatore Aloe (Berberè a Castelmaggiore, Bologna, Torino, Firenze, Milano).
Perdono una stella ciascuno gli ex bistellati Carlo Cracco e Claudio Sadler: tra i due ha fatto forse più scalpore Sadler, poiché Cracco è già da mesi impegnato nell’ambizioso progetto di ristrutturazione dell’ex show room Mercedes (5 piani) in Galleria Vittorio Emanuele II, nel cuore di Milano, dove ad inizio 2018 trasferirà il suo attuale ristorante che chiuderà dopo Natale. Con determinazione, Cracco ha così commentato: ‘Il mio staff ed io siamo tranquilli. In caso di cambi importanti, lasciare o sospendere le stelle è a discrezione della guida. Noi stiamo lavorando tantissimo ai nuovi progetti e non vediamo l’ora di accogliere i clienti nella nuova sede milanese in Galleria a gennaio’. Sadler, da parte sua, ha espresso un misto di delusione e ironia, affermando: ‘Oggi ho perso il primato di permanenza delle due stelle continuative di Milano (14 anni) e si torna a una stella, un incidente di percorso. Siamo al pronto soccorso, ma guariremo presto, prometto! Un pò di amaro in bocca ma accetto con serenità il giudizio degli ispettori della Michelin. Noi continueremo a lavorare e a migliorarci. Grazie a tutti gli amici che hanno espresso la loro solidarietà, mi spiace anche per Carlo Cracco che credo viva la mia stessa sensazione’.
Perdono invece l’unica stella che avevano solamente 5 ristoranti: All’Acquacotta di Saturnia (Grosseto), L’Approdo di Vibo Valentia, Locanda Severino di Caggiano (Salerno), Pascia di Invorio (Novara) e Petit Royal di Courmayeur. Trattasi, per assurdo, di una buona notizia, se si considera che fino allo scorso anno la perdita della prima stella (o addirittura la chiusura definitiva del ristorante) rientrava sempre in una percentuale di casi molto più alta.
Ad oggi i ristoranti segnalati dalla Guida Michelin passano da 334 a 356, a dimostrazione del grande lavoro quotidiano e dell’infinita passione che gli chef italiani continuano a dedicare nella loro missione di ambasciatori del territorio, del gusto, dell’etica e della salute, da San Cassiano in Alta badia a Licata in Sicilia.