Dire che Daniele Corona è motivato è un eufemismo. Di talento, appassionato e creativo, lo chef nato a Napoli oggi è ambasciatore della cucina italiana del Don Alfonso 1890 a Toronto, all’interno del lussuoso Westing Harbour Caste. La sua è una cucina mediterranea, semplice ma creativa. I suoi piatti nascono dalla tradizione italiana rivisitata in modo innovativo. Mentre parla con me si lascia andare alla nostalgia, verso la propria patria e il vecchio luogo di residenza, ma soprattutto verso tutto quello che a un italiano all’estero viene a mancare: persone, odori, suoni, colori, paesaggi. La storia di Daniele Corona è senza dubbio quella di uno degli chef più talentuosi della sua generazione.
“Perché un cavallo indossa i paraocchi?” gli chiedo. “Perché non vuole distrazioni” mi risponde. In effetti, Daniele oltre ad essere creativo è anche un pragmatico, non si spaventa davanti a nulla, e corre la sua gara, senza distrazioni, guardando al traguardo finale.
Nel cuore (e come mentore) colui che considera il suo maestro e mito, Alfonso Iaccarino. È proprio così le storie rimangono fedeli all’originale e ne allargano lo sguardo. Daniele Corona è in parte una riscrittura e in parte una storia nuova.
CHI È DANIELE CORONA?
Sono un ragazzo nato nel centro di Napoli. Ho vissuto una bella infanzia, ma con le problematiche legate a una città come Napoli. Ho iniziato a dedicarmi alla cucina grazie alla mia famiglia e mi sono innamorato di questo mestiere ogni giorno di più. Ho lavorato a contatto con i grandi chef da cui ho imparato molto: nel 2006 ho lavorato al Trussardi alla Scala di Milano, vicino ad Andrea Berton e Alfio Ghezzi (una persona speciale che mi ha veramente lanciato in questa avventura), poi con Gennaro Esposito alla Torre del Saracino, e ancora al Capri Palace a Roma dove in soli sei mesi abbiamo conquistato le due Stelle Michelin. E ancora all’Aldrovandi a Roma, dove ho maturato la passione per la ristorazione fine-dining. Infine con Alfonso ed Ernesto Iaccarino, partendo da una cucina più casual a Capri, fino ad arrivare alla sfida di Toronto.
QUAL È IL TUO PRIMO PENSIERO DEL MATTINO?
La mia brigata, il mio team. Loro fanno parte di me. Il valore umano per me è importantissimo.
CHIUDI GLI OCCHI. IL PRIMO SAPORE CHE RICORDI?
Sicuramente quello del pomodoro, che mi ricorda “casa”… e mi fa venire la nostalgia del sole e della mia terra.
UNA CENA FATTA PER SEDURRE UNA DONNA. COSA PROPONI?
Inizierei con un antipasto di pesce crudo (tipo ricci di mare e ostriche), abbinato a una bollicina italiana. Poi un risotto… per prepararlo bisogna partire da zero, coccolarlo, stimolarlo, aggiungere gli ingredienti, toglierlo dal fuoco. Per me il risotto è la perfetta espressione di un messaggio d’amore verso la persona che si vuole sedurre, un prendersi cura di chi si ama.
HAI UN OGGETTO PORTAFORTUNA?
Ho un oggetto turco che mi ha regalato un collaboratore quando abbiamo aperto qui a Toronto. Un portafortuna a cui tengo molto.
CHE SAPORE HA IL SUCCESSO?
Ha un sapore profondo, che va bilanciato. Il successo può a volte essere un’arma a doppio taglio. Bisogna, infatti, imparare a gestirlo, rimanendo sempre umili e con i piedi per terra, non perdendo mai di vista l’obiettivo finale. Ci vuole intelligenza. Non mi sento arrivato, ho ancora tanto da imparare. Parlo per me ma in realtà questo dovrebbe valere per tutti quelli che sono su quella “vetta”. Ogni giorno cerco di fare sempre meglio di ieri, facendo in modo che la mia cucina sia semplice, rispettosa del prodotto e neutra. I piatti devono essere “trasparenti”, devono restituire le stesse emozioni che noi chef proviamo quando cuciniamo. Comunque, il successo ha una sapore buonissimo.
QUAL È LA TUA FILOSOFIA DI CUCINA IN TRE PAROLE?
La mia cucina qui in Canada ha tre capisaldi: rispetto delle materie prime, idee italiane e rispetto assoluto per il brand per cui lavoro.
QUANDO CUCINI DI CHE UMORE SEI?
Direi felice. Il mio ingrediente segreto? L’amore e la passione! Senza basi non si può fare nulla, perché comunque il cuoco non è un lavoro che si può improvvisare, poi per di più senza amore o passione per quello che si fa si può solo lavorare come macchine, ma se si è vivi dentro si dà il meglio di sé stessi e si cerca di fare sempre di più…
PERCHÈ CI SONO DI SOLITO POCHE DONNE CHEF NELLE CUCINE?
Hai detto bene…di solito. Nella mia cucina il 45% del personale è composto da donne. Ed è così in quasi tutto il Nord America.
COSA TI MANCA DELL’ITALIA?
La mia comfort zone, la tranquillità e la facilità di superare gli ostacoli in breve tempo. All’estero ti trovi ad affrontare una sfida ogni giorno.
QUAL È LA COLONNA SONORA IDEALE PER GUSTARE I TUOI PIATTI?
Qui in Canada direi “We are the champions”.
IL DON ALFONSO 1890, O MEGLIO LIVIA, ALFONSO, ERNESTO E MARIO IACCARINO. UNA PAROLA CHE DESCRIVA OGNUNO DI LORO.
Per Livia userei la parola mamma, per Alfonso eroe, per Ernesto profondo e per Mario umano.
C’È UNA PERSONA CHE TI HA ISPIRATO UN PIATTO?
Tutte le persone con cui vengo a contatto sono per me fonte di ispirazione. Ogni piatto è un ricordo. Ascolto e studio molto anche i gusti e le emozioni dei miei clienti…cerco sempre di soddisfare le loro esigenze attraverso le mie idee, a volte anche un po’ bizzarre.
C’È UNO CHEF CHE AMMIRI PIÙ DEGLI ALTRI?
Un nome sopra tutti: Alfonso Iaccarino. La mia ammirazione per lui è addirittura antecedente alla mia scelta di fare questo lavoro. Il mio sogno da ragazzo era diventare come lo chef Alfonso; sogno che si è avverato lavorando con lui.
QUANTO È IMPORTANTE PER TE L’ABBINAMENTO CIBO/VINO?
Estremamente importante. Un vino sbagliato può distruggere un pranzo o una cena. Un buon vino, ben abbinato, invece, può aiutare ad esaltare un piatto e di conseguenza ad esaltarsi.
QUAL È IL PIATTO CHE DEDICHERESTI A ME?
Il “Trionfo alla nocciola”, un dolce che esalta la nocciola piemontese. Tu sei una donna sicura, che unisce e valorizza tutti: questo dolce è perfetto.
QUAL È IL TUO CANTANTE PREFERITO?
Sicuramente Pino Daniele.
ESPRIMI UN DESIDERIO.
Sicuramente un giorno prenderò la mia strada lavorativa personale, ma vorrei continuare a collaborare con la famiglia Iaccarino. Loro fanno parte di me e vorrei che fossero sempre la mia spalla.